Penultimo appuntamento di questa stagione del gruppo di lettura = due ore di discussione piena piena.
Due ore di discussione su un libro che, per di più, ha messo d’accordo praticamente tutte e tutti, alias: L’Università di Rebibbia.
Ma Goliarda Sapienza fa quest’effetto, c’è poco da dire.

Centotrentotto pagine che molti di noi hanno sottovalutato, illudendosi che la brevità del libro corrispondesse ad una lettura veloce, esauribile in poche sere. Ma, cari i miei piccoli lettori, non se la scrittura è quella sapiente della nostra amata Goliarda. E questo non perché sia una prosa ostica o respingente, tutt’altro: lo stile è così poetico, armonioso e denso di immagini, che risulta difficile non soffermarsi a leggere e rileggere ogni riga per essere sicuri di non perdere neanche una goccia della bellezza che trasuda.

Quello che lo rende così speciale, poi, è che tutta questa meraviglia è contenuta in un libro che parla di carcere.
Ad alcuni, pur constatando l’ineccepibilità della scrittura, questo accostamento è risultato stridente, a tratti supponente. Pure all’epoca la sua visione del carcere è stata tacciata di eccessivo romanticismo e idealizzazione, con tutti questi personaggi a tratti fiabeschi e questi dialoghi quasi surreali. Anche la classe sociale da cui proviene Goliarda Sapienza ha un peso, una classe agiata e privilegiata che non si può nascondere e che ha reso la sua esperienza carceraria inevitabilmente differente rispetto a chi viene dalla strada.

Ma tutto questo l’autrice non l’ha mai negato: è una scrittrice, la romanticizzazione e le licenze poetiche che (forse) si è concessa derivano dal fatto che si tratta di un romanzo, non di un saggio antropologico. È anche ben cosciente del proprio status sociale, non lo nega e anzi, lo dichiara più volte nel testo, proprio per riflettere sulle differenze e sui problemi che pervadono la nostra società. Tutto questo mantenendo uno sguardo onesto, sensibile, e profondamente umano, da cui dovremmo solo imparare.

Responso: leggete Goliarda e godetene tutti.

Carlo Rovelli è una delle menti più brillanti del nostro Paese.

Nell’ultimo capitolo di “Sette brevi lezioni di fisica” fa questa cosa eccezionale che è porre finalmente fine all’eterna rivalità tra materie umanistiche e scientifiche, unendo scienza e poesia, cuore e razionalità. Ma non lo fa forzatamente: rende solo evidente come tutto sia interconnesso, spiega che siamo 𝑑𝑎𝑣𝑣𝑒𝑟𝑜 polvere di stelle, che sapere come funziona il mondo e di cosa siamo fatti non toglie meraviglia all’universo, anzi. La amplifica.

La conoscenza permette di comprendere, evidenzia relazioni, aggiunge profondità, apre porte, indica strade, illumina gli angoli bui.
E questo è fondamentale, perché la nostra libertà dovrebbe basarsi proprio sulla consapevolezza: dobbiamo poter scegliere conoscendo tutto lo spettro delle opzioni possibili, senza essere indirizzati, costretti, indottrinati da chi vuole mostrarci solo una strada, per di più occultando le buche, i cantieri e pure il paesaggio.

Carlo Rovelli predica la conoscenza.

Affare scomodo a quanto pare, perché quello che succede è che doveva rappresentare l’Italia alla Fiera Internazionale del Libro di Francoforte 2024, ma il suo invito è stato ritirato perché avrebbe potuto “causare imbarazzo” (cito testualmente) in seguito alle sue dichiarazioni sul palco del primo maggio, in cui Rovelli ha osato criticare il Ministro della Difesa Crosetto, inneggiando alla pace.

Ricardo Franco Levi, direttore dell’AIE, ha ritenuto meglio evitare possibili polemiche.
Sembra che ora ci abbia ripensato, ma ha comunque giustificato le sue azioni chiamandola “prudenza istituzionale”.

Noi, invece, che le parole le amiamo, le divulghiamo, non le temiamo, e soprattutto ci piace che siano quelle giuste, non la chiamiamo prudenza istituzionale, la chiamiamo censura, e la censura è una pratica fascista.

Quello che possiamo fare nel nostro piccolo è fare in modo che le parole di @carlitorovelli abbiano ancora più risonanza del solito, per cui vi invitiamo ad ascoltarlo, seguirlo, leggerlo, sostenerlo.
Che i suoi libri siano sempre nei vostri scaffali.
Noi oggi li mettiamo in vetrina.

Temevamo ci sarebbero stati scontri più accentuati, eravamo certi che Gospodinov con la sua prosa postmoderna si sarebbe rivelato più divisivo, ma così non è stato. Non sappiamo se i detrattori abbiano sofferto di eccessiva timidezza, o se il celebre autore bulgaro si sia dimostrato innegabilmente bravo, fatto sta che il giudizio finale su Fisica della malinconia si può riassumere così:

È un libro che andrebbe centellinato, degustato, e non divorato come alcuni di noi sono stati costretti a fare per esigenze di tempo. Richiede la predisposizione a perdersi nei suoi labirinti, senza fretta, lasciandosi ispirare o trasportare dalle immagini, dai quadri, dalle riflessioni, dagli input che dissemina di pagina in pagina. All’inizio si è tentati di tenere ben saldo il filo di Arianna a cui siamo abituati ad aggrapparci (in letteratura come nella vita), ma, ad un certo punto, ci si rende conto che l’unica possibilità per non perdersi è proprio lasciar andare quel filo: il cerchio prima o poi si chiuderà e ritorneremo al punto di inizio.

Non tutti però hanno voglia di fare questo patto e lasciarsi andare, oppure, molto banalmente, può non essere il momento giusto per farlo. C’è chi chiede a gran voce più chiarezza, chi ha invocato nuovamente l’esercizio di stile, chi ha chiuso il libro e l’ha dimenticato in fretta.

Come ha detto giustamente qualcuno: spesso è necessario un certo livello di empatia (oh, guarda, un termine a caso) e affinità tra lo spirito dell’autore o autrice e il nostro, perché un libro ci piaccia. Questo potrebbe essere un caso particolarmente esemplificativo.

Chiusa la faccenda Fisica della malinconia – su cui eravamo tutti d’accordo che avremmo potuto disquisire e filosofeggiare per una settimana intera, abbiamo proseguito con la scelta del graphic novel che leggeremo come ultimo (sigh!) libro di questa meravigliosa stagione di GOL. Molti si sono orientati sui grandi classici, perché i nostri ornitorinchi lettori sono molto eterogenei, e abbiamo convenuto fosse il caso di approcciarsi a questo genere partendo dalle basi, ma non sono mancate proposte più recenti e all’avanguardia.

Il podio, infine, lo ha conquistato un libro che amiamo moltissimo, che abbiamo presentato con l’autrice nell’estate 2022, e non possiamo che essere felicissime se continuerà a diffondersi il verbo: Mor. Storia per le mie madri, di Sara Garagnani (add editore).

I candidati erano comunque tutti – ma proprio tutti – validissimi, bisogna dirlo:

  • Persepolis, di Marjane Satrapi (Rizzoli Lizard)
  • Pelle d’uomo, di Hubert e Zanzim (Bao Publishing)
  • Le malerbe, di Gendry-kim Keum Suk (Bao Publishing)
  • Jonas Fink, di Vittorio Giardino (Rizzoli Lizard)
  • Basilicò, di Giulio Macaione (Bao Publishing)
  • Giorni felici, di Zuzu (Coconino Press)
  • Poema a fumetti, di Dino Buzzati (Oscar Mondandori Ink)
  • La mia vita postuma, di Hubert e Zanzim (Bao Publishing)
  • Cinzia, di Leo Ortolani (Bao Publishing)
  • La trilogia Nikopol, di Enik Bilal (Alessandro Editore)
  • Crawl Space, Jesse Jacobs (Eris)

E ora daje di Goliarda Sapienza e L’Università di Rebibbia

Ha detto bene ieri Livia del nostro gruppo di lettura: la fantascienza o la ami o non ti ci approcci proprio. Che è ben diverso da un “o la ami o la odi”.

Era il genere atteso con più timore da chi non la legge abitualmente, con più trepidazione dagli appassionati, ma soprattutto mi spingerò a dire che è il genere che ci ha lasciati con più curiosità e fame di conoscenza. Datecene ancora, vogliamo conoscere i grandi nomi, capire meglio, approfondirne le sfaccettature, leggere di incroci tra bestie (cit).

Il titolo vincitore, dopo il famoso testa a testa con Vonnegut, è stato Organica di Laura Marinelli, una distopia che ha immaginato una società governata dal marketing e dal capitalismo, in cui tutto dev’essere misurato in base al suo potenziale produttivo. E con tutto si intende tutto, persino il materiale organico che i corpi producono.

Sul responso siamo tutti abbastanza d’accordo: l’idea di base, il mondo che è stato costruito partendo da questi presupposti, è estremamente interessante, così interessante che avremmo voluto leggerne cento pagine in più, andare più a fondo, scandagliarne le regole e le dinamiche, avere forse due personaggi in meno, ma psicologicamente più definiti. È stato percepito più come un antefatto di cui ci è mancato lo sviluppo, un bozzetto impressionista (con grande amore per gli impressionisti, sia chiaro) che avremmo voluto fosse un quadro rinascimentale per poterci perdere nei dettagli. Oppure un racconto di cento pagine in meno, di cui non avremmo potuto lamentare la brevità perché consapevoli fin dall’inizio del suo essere “solo” uno spaccato di mondo.

La differenza, però, l’ha fatta l’incontro con l’autrice: Laura Marinelli, che abbiamo conosciuto qui in libreria domenica 19 marzo, ci ha conquistati con la sua tenerezza, autenticità e umanità, chiarendo alcuni dubbi, sollevandone altri, spiegandoci la genesi del romanzo e ciò che, forse, ancora verrà.

Chiuso (o dovremmo dire aperto?) il capitolo fantascienza, ci dedicheremo alla letteratura dell’est Europa con Fisica della malinconia di Gospodinov, autore bulgaro che ha fatto un gran parlare di sé negli ultimi anni.

A seguire, il penultimo libro di questa stagione di incontri (sì, penultimo, l’ho detto e già sale un po’ di malinconia, a proposito di Gospodinov) sarà un titolo di letteratura italiana.
L’aspetto più bello di questa votazione è stato percepire che ci stiamo allineando: molti di noi avevano pensato agli stessi autori e autrici, se non addirittura agli stessi titoli, e si è percepito il desiderio generale di andare sui capisaldi della letteratura italiana del Novecento, di approdare in porti e prose sicure.
Ma ora basta con la supense: per la gioia di tutti, il libro vincitore è L’università di Rebibbia, di Goliarda Sapienza (ed. Einaudi).

Gli altri titoli proposti (che ci avrebbero comunque visti felici e contenti) sono stati:

  • Gente nel tempo, di Massimo Bontempelli (ed. Utopia)
  • Grande era onirica, di Marta Zura-Puntaroni (ed. Minimum Fax)
  • Se una notte d’inverno un viaggiatore, di Italo Calvino (ed. Mondadori)
  • Al giardino ancora non l’ho detto, Pia Pera (ed. Ponte alle Grazie)
  • L’arte della gioia, di Goliarda Sapienza (ed. Einaudi)
  • Miden, di Veronica Raimo (ed. Mondadori)
  • Uno, nessuno e centomila, di Luigi Pirandello
  • Canne al vento, di Grazia Deledda
  • L’isola di Arturo, di Elsa Morante (ed. Einaudi)

Ve lo ricordate che una volta, tanti tanti anni or sono, si scrivevano e inviavano delle lettere cartacee, scritte a mano?
Stiamo parlando dei tempi che furono, lo so, ma forse alcuni di noi possono recuperare dalla memoria e riaccendere la sensazione di contentezza nel tornare a casa, aprire la cassetta della posta e trovare una busta indirizzata a noi. Magari era un’amica di penna, gli zii, un vecchio compagno di scuola che si era trasferito.

APRI è un progetto di racconti per corrispondenza pensato -anche- per farvi rivivere quella piccola gioia.
Sono buste che contengono racconti autoconclusivi scritti ogni volta da un’autrice o un autore differente: ogni storia è in forma epistolare, ogni lettera racconta una storia, che comincia già a partire dal francobollo e dal destinatario (fittizio e non).

APRI vuole giocare con tutto ciò che una lettera può raccontare anche al di fuori del semplice testo: la grafia, gli errori, la carta, la busta sono parte integrante della narrazione, come se il lettore a tutti gli effetti aprisse e leggesse qualcosa destinato a qualcun altro. Ogni busta può contenere foto, cartoline o biglietti, essere strappata, macchiata o scarabocchiata.

Hanno già scritto per il progetto APRI Veronica Raimo, Alessandro Baronciani, Nadia Terranova, Tiziana Lo Porto, Giulia Caminito, Matteo Trevisani e moltissimi altri, così come molti sono quelli che ancora scriveranno.
Ogni lettera è un mondo e l’invito è chiaro, semplice, diretto: APRI(mi).

Felice di annunciare che L’ornitorinco è ora una delle cassette della posta che custodiscono coscienziosamente alcuni di questi preziosi mondi, nell’attesa che arrivino fra le vostre mani.

Caro Bob-Waksberg, sei molto bravo, questo lo abbiamo ammesso, ma purtroppo non hai convinto tutti. Il tuo Qualcuno che ti ami in tutta la tua gloria devastata è apparso principalmente come un esercizio di stile, in cui emergono le tue qualità di sceneggiatore e la tua capacità di giocare con toni e registri, ma c’è chi le ha percepite come fastidiose, una lettura che non chiede lo sforzo di andare a fondo o di andare oltre, una lettura addirittura inutile (sì, non ci risparmiamo, qui i mezzi termini non li vogliamo).

Ma non ti preoccupare Raphael, questo non è il giudizio unanime: molti altri si sono divertiti, hanno apprezzato la tua apparente leggerezza, convenendo che, per chi vuole ascoltare, le corde giuste te le tocca, senza usare l’escavatore di ultima generazione che tutto smista e smuove.

Riassumiamo.

È più probabile che ti piaccia se: sai apprezzare i dribbling virtuosistici fatti per compiacere la folla di tifosi, anche senza gol annesso; ti è piaciuto BoJack Horseman; sei un millenial; sei un maschio etero; il prossimo viaggio in programma sono gli Stati Uniti; lo alternerai ad altre letture.

È facile che non ti piacerà se: ami follemente Virginia Woolf; non andresti mai alla Scuola Holden; non te ne frega niente del calcio; sei un’assidua lettrice donna; prediligi le invasioni alle evasioni.

 

Proseguendo con il secondo punto all’ordine del giorno, abbiamo proposto e votato un libro di letteratura dell’Est Europa (dove per Est Europa si intende tutta l’area ex URSS). Contrariamente al solito ci sono state poche lamentele e poche faide, e il titolo vincitore si è aggiudicato la maggioranza con il benestare di tutti i presenti. Presentatosi all’appello con ben due titoli, ha vinto il bulgaro Georgi Gospodinov, con Fisica della malinconia (ed. Voland). Questi gli altri contendenti, tutti altrettanto validi:

  • Il pozzo, Regīna Ezera (Iperborea)
  • Cronorifugio, Georgi Gospodinov (Voland)
  • Trilogia della città di K., Agota Kristòf (Einaudi)
  • Le braci, Sándor Márai (Adelphi)
  • Una questione di pelle, Marina Vujčić (Bottega Errante Edizioni)
  • Il Paese dove non si muore mai, Ornela Vorpsi (Minimum Fax)
  • L’eredità delle Dee, Katerina Tuckova (Keller)

Detto ciò, vi lasciamo alla lettura di Organica di Laura Marinelli (Moscabianca), di cui parleremo prima con l’autrice in persona domenica 19 marzo alle 17.00, e tra di noi il giorno successivo, lunedì 20 marzo alle 19.00.

16 gennaio uguale primo incontro GOL 2023 uguale una gioia sicura più tanti consigli libreschi più entusiasmo a palate.

Dopo i consueti saluti e bicchieri di rito, abbiamo parlato di Le stelle si spengono all’alba di Richard Wagamese, titolo di letteratura nordamericana che, per una volta, ci ha trovato tutte e tutti abbastanza unanimi nel dire che è un libro scorrevole, lineare, dai valori condivisibili, con un bel messaggio, ma sicuramente non il libro della vita. Ne abbiamo apprezzato i paesaggi, l’umanità, la concretezza e le ultime 53 pagine. Ci sono mancati un po’ di complessità, una prosa più forbita e poetica, un’indagine delle relazioni umane più sfaccettata. Una buona trasposizione cinematografica con un Morricone resuscitato a scriverne la colonna sonora saprà rendergli perfettamente giustizia.

Messo da parte Wagamese, siamo passati all’elezione del temutissimo e attesissimo libro di fantascienza, incontrando inaspettatamente un pubblico in parte già amante, in parte felice di essere costretto ad approcciarcisi e indagare il genere considerato nerd per eccellenza. I consigli hanno toccato di tutto, dai grandi classici capisaldi della fantascienza fino a titoli recentissimi, tutti attentamente passati al vaglio dai nostri esperti pronti a decretare cosa potesse essere considerato fantascienza e cosa meno. Per la prima volta nella storia di GOL siamo infine giunti ad uno spareggio tra Mattatoio n.5 di Kurt Vonnegut e Organica di Laura Marinelli, con una finale alzata di mano che ha portato a vincere per sole cinque dita Organica, con 16 voti contro 15.

Prima di dedicarci alla divertente e lacerante lettura del nostro libro di racconti, Qualcuno che ti ami in tutta la tua gloria devastata, ecco tutti i titoli di fantascienza proposti ieri:

  • La mano sinistra del buio, Ursula K. Le Guin (Mondadori)
  • Storie Naturali, Primo Levi (Einaudi)
  • Cristalli sognanti, Theodore Sturgeon (Adelphi)
  • Il mondo sommerso, James G. Ballard (Feltrinelli)
  • Ubik, Philip K. Dick (Mondadori)
  • Neuromante, William Gibson (Mondadori)
  • Borne, Jeff Vandermeer (Einaudi)
  • Mattatoio n.5, Kurt Vonnegut (Feltrinelli)
  • La macchina del tempo, H.G. Wells (Feltrinelli)
  • Sinfonia per Theremin e merli, Andrea Viscusi (Zona 42)
  • Legami di sangue, Octavia E. Butler (Sur)

Ci vediamo lunedì 20 febbraio, e nel mentre qui in libreria, su telegram, o in qualche altra parte di mondo, reale o virtuale che sia.

Com’è andato il nostro incontro de Gli ornitorinchi leggono del 19 dicembre? Splendidamente, come sempre. E non è un eufemismo, nessuno che voglia portare acqua al proprio mulino, è che sono davvero sempre serate belle. Oh, che ci volete fare: persone belle che si trovano insieme a parlare di libri -belli o meno belli- rendono una serata bella per forza.

Breve riassunto per chi non c’era, per chi è andato via prima, per chi non è stato attento, per chi si è perso tra i fumi del vin brulé finito troppo presto:

Magnificat, la nuova uscita che abbiamo letto tra novembre e dicembre, è stato nel complesso un nì, ma con una piena sufficienza. Siamo stati tutti abbastanza concordi nel dargli un bel 6/7, con alcuni che propendevano più per il sei, altri per il sette, ma la media può accontentarci tutti. Qualche non sufficienza sporadica.
Un grande potenziale, molte immagini suggestive per un romanzo forse troppo breve e ancora un po’ acerbo, ma ad una giovanissima esordiente come Sonia Aggio non vanno che i nostri complimenti e incoraggiamenti, perché ci riservi ancora molte sorprese. Abbiamo scoperto di credere molto nel gotico padano e speriamo che diventi un filone forte, portatore di entusiasmo.

Prima di buttarci sul titolo di letteratura nordamericana, Le stelle si spengono all’alba, abbiamo votato il libro di racconti che leggeremo a partire dal 16 gennaio. Surclassando una serie di proposte tutte orientate sul dark/noir/gotico/surreale, ha vinto quel piccolo capolavoro di gioia e lacrime che è Qualcuno che ti ami in tutta la tua gloria devastata, di Raphael Bob-Waksberg.
In lista con lui:

  • Testa d’argento, di Luigi Malerba (Mondadori)
  • Il giorno in cui diedi fuoco alla mia casa, di Francesca Mattei (Pidgin)
  • L’ospite e altri racconti, di Amparo Davila (Safarà)
  • Il vizio di smettere, di Michele Orti Manara (Racconti)
  • Viscere, di Amelia Gray (Pidgin)
  • Chiamate telefoniche, di Roberto Bolaño (Adelphi)
  • Le dame di Grace Adieu, di Susanna Clarke (Fazi editore)
  • Le indomite, di Pénélope Bagieu (Bao Publishing)
  • Feste in lacrime, di Prabda Yoon (Add editore)
  • Corte di ombre. Il romanzo di Tamoga, di Julián Rìos (Safarà)

Detto questo, ci lanciamo con un carpiato tra le nevose foreste del nordamerica e ci rivediamo l’anno prossimo, con tantissimi auguri di buon Natale a voi e famiglia ♥️

P.S. Se dovessimo mancarvi prima e il 2023 vi sembra troppo distante, potete sempre venire a trovarci prima (che tanto siamo qui fisse) o raccontarci come sta andando sul gruppo telegram di GOL

Lunedì 21 novembre ci siamo ritrovati per quella che pensavamo sarebbe stata una battaglia con pochi superstiti, e invece ne siamo usciti più indenni del previsto, forse qualcuno si sente addirittura meglio: Gita al faro di Virginia Woolf ha messo a dura prova i nostri ornitorinchi, abbiamo convenuto più o meno all’unanimità che è una lettura densa, spesso faticosa, da non esaurire per forza in pochi giorni, a cui è necessario lasciarsi andare, fare il compromesso di affidarsi e lasciarsi trasportare, fino agli abissi e poi di nuovo in superficie.

 Magnificat di Sonia Aggio, la nuova uscita che abbiamo appena cominciato, farà qualcosa di molto simile. Almeno per quel che riguarda gli abissi.

Ma, ma, ma dopo novembre basta acque, anzi, ci sposteremo nelle fitte foreste canadesi per parlare di riscoperta della terra e delle proprie radici. Il tema della prossima lettura doveva essere “letteratura nordamericana”, e il titolo che è salito sul podio senza se e senza ma è Le stelle si spengono all’alba di Richard Wagamese, spuntandola contro:

  • Salvare le ossa di Jesmyn Ward
  • Amatissima di Toni Morrison
  • Furore di John Steinbeck
  • Un oceano senza sponde di Scott Spencer
  • 4321 di Paul Auster
  • Chiamalo sonno di Henry Roth
  • L’anno del pensiero magico di Joan Didion
  • I vostri padri, dove sono? E i profeti, vivono forse per sempre? di Dave Eggers
  • Chiedi alla polvere di John Fante
  • La bastarda della Carolina di Dorothy Allison

 

Ultimo appunto: il prossimo incontro sarà lunedì 19 dicembre, e visto che sarà proprio la settimana di Natale, abbiamo pensato che sarebbe bello cogliere l’occasione per farci gli auguri e un regalo al buio. Come funziona? Facile:

1) entro il 19 dicembre scegliete un libro da regalare (lo potete prendere qui, portare da casa, scrivere voi nel frattempo, come preferite)
2) se vi va, mettete tra le pagine un bigliettino con due righe che spieghino perché avete scelto quel libro
3)  s’impacchetta
4) disegnate sul pacchetto un simbolo, o scrivete un augurio, o qualsiasi altra cosa vi permetta di riconoscere che quello è il vostro
5) lunedì 19, a fine tavola rotonda, mettiamo tutti i regali sul tavolo e tutti ne pescano uno a scelta (evitando il proprio, s’intende)
…e buon Natale a noi e famiglia!

Autore: Howard Phillips Lovecraft
Editore: Mondadori
Pagine: 936
Prezzo: 48,00€

“A mano a mano che ci si allontana dall’orizzonte del XX secolo, il personaggio del new englander Howard Phillips Lovecraft – poeta, narratore e saggista, oltre che epistolografo straordinariamente fecondo – comincia a delinearsi sotto il profilo critico come una delle figure più affascinanti, per quanto enigmatiche, di un’epoca tumultuosa” scrive Alan Moore nella sua Introduzione all’Edizione annotata. Nonostante una fortuna postuma praticamente senza precedenti, quando Lovecraft morì, a quarantasei anni, le sue opere erano apparse solo su riviste da strapazzo, ignorate dal pubblico e mortificate dalla critica. Oggi, a oltre un secolo di distanza, Lovecraft è sempre più riconosciuto come il padre dell’horror americano e della fantascienza, fonte di incalcolabile ispirazione per “generazioni di scrittori di horror fiction” (Joyce Carol Oates).

Con lucida perspicacia e comprensione del quadro storico in cui l’autore di Providence visse e operò, Leslie S. Klinger caratterizza Lovecraft quale primo scrittore pulp a essere stato incluso al pari di maestri della caratura di Poe e Melville nel canone della moderna letteratura americana. Grazie a un’accurata analisi delle fonti e a un sempre ammirevole acume critico, Klinger riesce nell’impresa non scontata di ricontestualizzare Lovecraft correlandone la biografia singolarmente elusiva alla febbrile attività letteraria, e svelandoci così genesi ed evoluzione di un corpus narrativo di formidabile complessità.

Nel corso della sua carriera, Lovecraft – “il Copernico dell’horror” (Fritz Leiber) – si è discostato nettamente dalla vulgata dei predecessori “gotici” e dalle sue maschere tradizionali (fantasmi, demoni, streghe), creando un vasto universo mitico in cui l’inconsapevole umanità non occupa che una nicchia del tutto trascurabile, destinata com’è a essere prima o poi fatalmente invasa da incommensurabili creature d’oltrespazio: entità sinistre, aliene, indifferenti. Le storie di Lovecraft, antesignano della weird fiction contemporanea, suggeriscono che il nostro pianeta, la realtà in cui viviamo, le nostre stesse radici biologiche ci legano a primordi indicibili, ad abiette e terrificanti presenze extraterrene, cui solo il caso impedisce di risvegliarsi da un plurimillenario letargo per porre fine una volta per tutte alla nostra sanità mentale e all’intera civiltà umana.

Leslie S. Klinger raccoglie in queste pagine ventidue tra i migliori e i più agghiaccianti racconti di Lovecraft (da Il richiamo di Cthulhu a Le montagne della follia, a Colui che sussurrava nelle tenebre, La maschera di Innsmouth, Il colore venuto dallo spazio). Con il suo corredo di centinaia e centinaia di illustrazioni, tra le quali numerose riproduzioni a colori di fotografie, tavole e copertine originali di «Weird Tales» e «Astounding Stories» e oltre un migliaio di note, questo volume scandaglia in profondità l’abisso dal quale è sorto il mondo allucinato di H.P. Lovecraft fino a turbare il sonno immemoriale dei Grandi Antichi.