Il nostro bisogno di consolazione

Autore: Stig Dagerman
Editore: Iperborea
Pagine:
Prezzo: 7,00€

 

La mia vita non è qualcosa che si debba misurare

William Morris, artista e scrittore tra i fondatori del movimento delle Arts and Craft, aveva identificato due tipi di lavoro: uno buono e uno indegno. Un lavoro, per essere buono, doveva avere insite tre speranze: la speranza del riposo, la speranza del prodotto e la speranza del piacere di praticare il lavoro stesso.

Questo lo scriveva nell’Ottocento.
Il secolo successivo ha distrutto ogni buon proposito al riguardo.
Il Novecento, infatti, è stato il secolo in cui la società occidentale ha cementificato il concetto che la realizzazione individuale possa arrivare solo tramite il lavoro, senza speranza di sorta.
Anche il nostro percorso di studi dev’essere in funzione delle possibilità lavorative che ne deriveranno, non sono contemplabili scelte fatte per il mero piacere della conoscenza. Il nostro sapere deve potersi tradurre in profitto.

Caro il mio capitalismo, mi dispiace dirtelo ma hai tirato troppo la corda. Rinunciare a quelle tre speranze è diventato sempre più insostenibile, e appena ci fermiamo (o siamo costretti a farlo) diventa lampante.
Soprattutto rinunciare alla speranza del riposo, che spesso non è data neppure a chi fa un lavoro che ama, che a quel punto si sente quasi in colpa a reclamarlo.
Eppure è proprio lì che sta la nostra libertà.

Ed è qui che affonda la lama lo scrittore anarchico svedese Stig Dagerman in quello che viene considerato il suo testamento spirituale, ricordandoci che noi esistiamo per vivere, e che nessuno ha il diritto di esigere da noi così tanto da toglierci la voglia di farlo.

𝐼𝑙 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑏𝑖𝑠𝑜𝑔𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑜𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 è un libriccino di poche pagine che dovremmo leggere tutti, legarlo al comodino, aprirlo ogni qual volta lo sconforto abbia la meglio.
È la scossa che ci risveglia, il monito che ci invita a fermarci, qualsiasi cosa stiamo facendo, che ci esorta a “deporre il fardello del tempo dalle nostre spalle, e, con esso, quello delle prestazioni che da noi si pretendono.”

Leggetelo, regalatelo, sottolineatelo, imparatelo a memoria.
Che le sue parole diventino consolazione prima, e linfa vitale poi.

[Canzone di accompagnamento alla lettura: Fruits of my labor di Lucinda Williams]