Martedì mattina, il terzo martedì del mese.
Vuol dire solo una cosa, che ieri c’è stato l’incontro del nostro gruppo di lettura e noi viaggiamo ancora altissime, perché il senso di pienezza, bellezza e gratitudine che ci dà trovarci in così tant* ogni volta per confrontarci, condividere, discutere, ridere, scegliere, votare, consigliarci, ascoltarci, mica ve lo sappiamo spiegare bene.
Ieri abbiamo parlato del Castello dei destini incrociati di Italo Calvino, il libro che ha diviso maggiormente le libraie, che si sono fatte così portavoce estrema di due opinioni contrastanti:
una lo ha trovato respingente, inconcludente, a tratti fastidioso, lamentando il poco interesse dell’autore verso la maggior parte dei lettor*, che si sono ritrovati impossibilitat* a seguirlo o ad accettare un patto narrativo che non ha previsto stretta di mano alcuna. Un gioco letterario (e non un esercizio di stile, come è stato giustamente fatto notare da chi ne sa) rimasto in superficie e atto solo a soddisfare l’ossessione di Calvino stesso (senza per altro riuscirci, a detta dell’autore e manco nostra).
L’altra libraia, di contro, è riuscita addirittura a commuoversi in alcuni capitoli, ritrovando citazioni di una letteratura rinascimentale molto amata, che ha aggiunto livelli di complessità e simbologie nuove ad alcune storie già note. È stata molto apprezzata l’ambientazione e la capacità di Calvino di svelare, tramite l’iconografia dei tarocchi, gli archetipi che sottostanno a molte grandi opere letterarie, dimostrando quindi davvero l’intrecciarsi di vite e destini, letterari e non.
Per concludere in diplomazia: sicuramente non il libro migliore di Calvino, forse apprezzabile maggiormente da chi ha studiato letteratura e riesce a cogliere anche i riferimenti più velati, capace di riscattarsi all’unanimità nel capitolo “Anch’io dico la mia”, che ha messo d’accordo tutt* per la sua indiscutibile bellezza, rivelando il Calvino che tanto amiamo e che, quindi, resterà comunque nostro amico. Senza rancore.
Finiti gli scontri e deposta l’ascia, felici della democrazia degli ornitorinchi che ci consente di esprimere opinioni diverse senza censura, abbiamo proposto a turno un titolo di letteratura nordamericana per decretare il libro che leggeremo a partire dal 20 novembre.
Molti grandi nomi, alcuni meno noti, inaspettatamente tanti libri di racconti, ma, alla fine, il vincitore è risultato Kent Haruf con Le nostre anime di notte, battendo per soli due voti un’agguerrita Shirley Jackson con La meridiana.
Questa la lista completa dei concorrenti in gara:
- Un amore senza fine, Scott Spencer (Adelphi)
- Quello che ho amato, Siri Hustvedt (Einaudi)
- Trash, Dorothy Allison (minimum fax)
- Trilogia di New York, Paul Auster (Einaudi)
- Le nostre anime di notte, Kent Haruf (NN Editore)
- North American Lake Monsters, Nathan Ballingrud (Edizioni Hypnos)
- L’impostore, Zadie Smith (Mondadori)
- La meridiana, Shirley Jackson (Adelphi)
- La strada, Cormac McCarthy (Einaudi)
- Il delta di Venere, Anais Nin (Bompiani)
- Un brav’uomo è difficile da trovare, Flannery O’Connor (minimum fax)
- Il racconto dell’ancella, Margaret Atwood (Ponte alle Grazie)
- Alce nero parla, John G. Neihardt (Adelphi)
- Il cielo è dei violenti, Flannery O’Connor (minimum fax)
- Cani selvaggi, Helen Humphreys (Playground)
E ora, vai di funghetti con L’ordine nascosto di Merlin Sheldrake, il saggio di cui parleremo insieme al prossimo incontro.
Ci si vede lunedì 20 novembre amicie.