Una solitudine troppo rumorosa
Autore: Bohumil Hrabal
Editore: Einaudi
Pagine: 136
Prezzo: 10,00€
Da trentacinque anni Hanta lavora alla pressa che distrugge i libri e la carta vecchia. Ogni giorno, nel sottosuolo, attende che si apra la botola che rovescia quintali di carta da pressare in anonimi parallelepipedi destinati al macero: vecchi giornali, enciclopedie, carte insanguinate dal macello, fino a Goethe, Hölderlin, Nietzsche.
Ma Hanta, per trentacinque anni, ha anche salvato libri. Quando vede cadere degli Erasmo o dei Kant, li recupera e li porta a casa, perché “da loro possa apprendere su se stesso qualche cosa che ancora non sa”.
Da trentacinque anni, quando prepara la pressa, Hanta ci infila in mezzo uno di quei libri salvati, aperto su un pensiero, una frase, ora cuore di un pacco che custodisce segretamente la bellezza del mondo.
Hanta non ha studiato, si considera istruito contro la propria volontà, si identifica nei bassifondi e nelle cantine, dove “lavorano angeli decaduti, uomini con istruzione universitaria che hanno perduto la propria battaglia, che non hanno mai condotta, e tuttavia continuano a lavorare per un’immagine più umana del mondo”. Ed è questo che fa anche Hanta, silenziosamente: lavorare per quest’immagine più umana, all’insaputa del mondo stesso.
Sergio Corduas, nell’appendice a Una solitudine troppo rumorosa di Bohumil Hrabal, dice:
“Il ninnolo, il libro che è insieme oggetto bello e testo fondamentale: questo Hanta desidera salvare e privatamente salva. Egli salva in ogni caso per ogni pacco un frammento che scalda l’anima e illumina l’animo e l’intelletto. Non a salvare metaforicamente cultura e storia, come a prima vista può sembrare, mira Hanta-Hrabal, ma a salvare se stesso e noi. Anzi, io penso che l’unica cosa per la quale il verbo salvare sia opportuno è la possibilità stessa di fare: arte, cultura o vita che sia”
Al termine del libro, Hrabal scrive un Adagio lamentoso per Kafka, in cui si legge che “il futuro dell’umanità è una libreria”.
E allora lunga vita a Hrabal, ai libri, alle librerie, e a tutti quelli che lavorano dal basso, in silenzio, per un’immagine più umana del mondo.