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Bolero Avana, l’ultimo libro di Carla Vitantonio, è dedicato all’isola che incarna e fonde insieme i concetti di rivoluzione, seduzione e contraddizione.

Lunedì 08 maggio verrà qui a parlarne con noi e con Carlo Benedetti, ed è una di quelle occasioni da non lasciarsi scappare:

 

Raccontare Cuba è un’avventura impossibile, una battaglia chisciottiana contro le aspettative deluse, le invettive politiche, i sogni infranti, i desideri di quelli che, per paura che il sogno finisse, hanno preferito non svegliarsi mai.

Dopo la Corea del Nord e il Myanmar, Carla Vitantonio, alla guida della sua automobile cinese, ci porta tra le strade dell’Avana, lungo i litorali e nelle zone rurali dell’isola del Caribe, raccontando un altro pezzo della sua vita eccezionale nei luoghi impossibili del globo che sceglie di far diventare la sua casa. Pagina dopo pagina entriamo e usciamo dall’intimità dell’autrice, e la accompagniamo mentre nuota nella piscina diroccata del Copacabana colma di pesciolini tropicali, la scortiamo nelle camminate forsennate per vicoli, scale, terrazze e corsie di supermercati sprovviste di quelli che noi consideriamo beni di consumo di base (il burro!). In questo vortice esperienziale ci ritroviamo a meditare con lei su temi quali razzismo, postcolonialismo, femminismo bianco, e siamo sempre con lei quando celebra passi fatidici della sua nuova vita, fino al momento dell’ennesimo addio.


Carla Vitantonio è cooperante, autrice, attrice. Ha lavorato come capo missione per Ong internazionali in Corea del Nord, dove ha passato quattro anni, in Myanmar e a Cuba, dove oggi vive. Si occupa di gestione di crisi umanitarie, giustizia sociale e inclusione. Per il suo impegno è stata nominata nel 2022 Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia.
Attualmente è Policy Leader Fellow presso la School of Transnational Governance dell’European University Institute. Per add editore ha pubblicato Pyongyang Blues, che è diventato anche un podcast, e Myanmar Swing.

Autrice: Giuseppina Borghese
Editore: Giulio Perrone
Pagine: 120
Prezzo: 15,00€

“A Manchester si fanno le cose diversamente”, sosteneva Tony Wilson, in un motto che racchiude in sé l’anima della città. E non è un caso che a dirlo fosse proprio il fondatore della Factory Records, l’etichetta discografica che ha prodotto molte delle band del grande Nord-Ovest dell’Inghilterra. La città ha regalato al mondo alcuni dei gruppi più influenti, dai Durutti Column ai Joy Division, dai Buzzcocks agli Oasis. è con gli Smiths, però, che i mancuniani hanno stabilito il legame sentimentale più profondo, anche a quarant’anni dalla loro nascita, da quella sera del 4 ottobre 1982 in cui la band esordì al Ritz sulle note di Handsome Devil.

In una Manchester, fatta di lamiera e mattoni, tra scioperi operai, installazioni a forma di gancio e statue di Engels, Giuseppina Borghese esplora la città del dissenso e – tra fotogrammi della memoria personale e biografie di spiriti non comuni e muse miserabili – ci invita a ripercorrere i luoghi iconici degli Smiths. Quegli Smiths che hanno cantato la solitudine e la violenza ma anche la realtà proletaria e industriale, vera linfa vitale e artistica della città. E che hanno dato vita a uno stile unico, rifuggendo da ogni stilema consolidato e diventando un luminoso oggetto fuori dal tempo.

aa.vv.
Editore: Iperborea
Pagine: 192
Prezzo: 19,50€

The Passenger è una raccolta di inchieste, reportage letterari e saggi narrativi che formano il ritratto della vita contemporanea di un paese e dei suoi abitanti. Cultura, economia, politica, costume e curiosità visti attraverso la testimonianza di scrittori, giornalisti ed esperti locali e internazionali. Tante storie e diverse voci che compongono un racconto sfaccettato ed eclettico, per scoprire, capire, approfondire, lasciarsi ispirare.

Il singolare è d’obbligo: Oceano, unico grande mare che ricopre oltre il settanta per cento del pianeta. «Bisognerebbe chiamare la Terra Oceano, perché tutte le masse terrestri sono isole» suggerisce l’icona dell’oceanografia Sylvia Earle. Questo invito a cambiare sistema cosmologico, a essere meno terracentrici, si accompagna alla necessità di una conversione etica che miri all’empatia e a una visione del mondo meno antropocentrica. Spesso parlando di allevamenti intensivi si dice che «se vedessimo come vivono e muoiono gli animali» non li consumeremmo più. È meno comune che questi ragionamenti vengano estesi agli abitanti dei mari, nemmeno ipoteticamente, perché ciò che è sotto la superficie e per di più a centinaia o migliaia di chilometri dalla terraferma è molto più difficile da vedere. Per questo è ancor più importante parlarne, in termini sia scientifici che narrativi, e invitare alla riflessione, come fanno i migliori divulgatori quando ci spiegano che la conoscenza scientifica, per esempio sugli effetti devastanti dello sterminio della fauna selvatica oceanica, c’è già, ma non è ancora stata interiorizzata. Manca l’empatia quindi, quella facoltà che a torto consideriamo solo umana, quando nei cetacei, come indica lo studio della loro biologia e dei loro comportamenti, potrebbe essere ancora più sviluppata.

Rimediare a questa «cecità al mare» non significa solo interessarsi alla salute degli oceani, così fondamentale per il regolamento del nostro clima, ma includere nella narrazione – o portare a galla, l’acqua è il simbolo per eccellenza dell’inconscio – tante storie invisibili: dalle vite dei lavoratori offshore sulle piattaforme petrolifere, alla riservatissima industria del trasporto marittimo, fino ai pescatori di frodo, disposti a sfidare iceberg, tempeste e mesi di fughe dagli ambientalisti pur di non abbandonare il loro prezioso carico. Bisogna cambiare rotta, e se lo dice un capitano esperto come Giovanni Soldini, non possiamo che seguirlo.

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