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Temevamo ci sarebbero stati scontri più accentuati, eravamo certi che Gospodinov con la sua prosa postmoderna si sarebbe rivelato più divisivo, ma così non è stato. Non sappiamo se i detrattori abbiano sofferto di eccessiva timidezza, o se il celebre autore bulgaro si sia dimostrato innegabilmente bravo, fatto sta che il giudizio finale su Fisica della malinconia si può riassumere così:

È un libro che andrebbe centellinato, degustato, e non divorato come alcuni di noi sono stati costretti a fare per esigenze di tempo. Richiede la predisposizione a perdersi nei suoi labirinti, senza fretta, lasciandosi ispirare o trasportare dalle immagini, dai quadri, dalle riflessioni, dagli input che dissemina di pagina in pagina. All’inizio si è tentati di tenere ben saldo il filo di Arianna a cui siamo abituati ad aggrapparci (in letteratura come nella vita), ma, ad un certo punto, ci si rende conto che l’unica possibilità per non perdersi è proprio lasciar andare quel filo: il cerchio prima o poi si chiuderà e ritorneremo al punto di inizio.

Non tutti però hanno voglia di fare questo patto e lasciarsi andare, oppure, molto banalmente, può non essere il momento giusto per farlo. C’è chi chiede a gran voce più chiarezza, chi ha invocato nuovamente l’esercizio di stile, chi ha chiuso il libro e l’ha dimenticato in fretta.

Come ha detto giustamente qualcuno: spesso è necessario un certo livello di empatia (oh, guarda, un termine a caso) e affinità tra lo spirito dell’autore o autrice e il nostro, perché un libro ci piaccia. Questo potrebbe essere un caso particolarmente esemplificativo.

Chiusa la faccenda Fisica della malinconia – su cui eravamo tutti d’accordo che avremmo potuto disquisire e filosofeggiare per una settimana intera, abbiamo proseguito con la scelta del graphic novel che leggeremo come ultimo (sigh!) libro di questa meravigliosa stagione di GOL. Molti si sono orientati sui grandi classici, perché i nostri ornitorinchi lettori sono molto eterogenei, e abbiamo convenuto fosse il caso di approcciarsi a questo genere partendo dalle basi, ma non sono mancate proposte più recenti e all’avanguardia.

Il podio, infine, lo ha conquistato un libro che amiamo moltissimo, che abbiamo presentato con l’autrice nell’estate 2022, e non possiamo che essere felicissime se continuerà a diffondersi il verbo: Mor. Storia per le mie madri, di Sara Garagnani (add editore).

I candidati erano comunque tutti – ma proprio tutti – validissimi, bisogna dirlo:

  • Persepolis, di Marjane Satrapi (Rizzoli Lizard)
  • Pelle d’uomo, di Hubert e Zanzim (Bao Publishing)
  • Le malerbe, di Gendry-kim Keum Suk (Bao Publishing)
  • Jonas Fink, di Vittorio Giardino (Rizzoli Lizard)
  • Basilicò, di Giulio Macaione (Bao Publishing)
  • Giorni felici, di Zuzu (Coconino Press)
  • Poema a fumetti, di Dino Buzzati (Oscar Mondandori Ink)
  • La mia vita postuma, di Hubert e Zanzim (Bao Publishing)
  • Cinzia, di Leo Ortolani (Bao Publishing)
  • La trilogia Nikopol, di Enik Bilal (Alessandro Editore)
  • Crawl Space, Jesse Jacobs (Eris)

E ora daje di Goliarda Sapienza e L’Università di Rebibbia

Autrice: Sara Garagnani
Editore: Add
Pagine: 352
Prezzo: 25,00€

 

Mor è un affresco familiare che si stende attraverso la storia di quattro generazioni di donne, tra Svezia e Italia.

Con il dipanarsi delle vicende, l’autrice racconta come i traumi non elaborati si possano trasmettere di generazione in generazione, di madre in figlia, come un testimone che passa di mano in mano. La violenza psicologica e talvolta fisica si propaga, generando depressione, dipendenze, manie di perfezionismo, ossessioni, ricatti, segreti… anche a distanza di generazioni.
In lingua svedese “mor” significa madre, “mormor” (madre di madre) nonna e così via: è la parola stessa a suggerire una ricorsività.

Sara Garagnani racconta questa ereditarietà ripercorrendo la storia della sua famiglia, dalla nonna Inger alla madre Annette fino a se stessa, in un ciclo di emancipazione e ricaduta tratteggiato con lucidità ma anche con sincero affetto.

Con costante inventiva visiva, puntuale e mai fredda, l’autrice ci regala un racconto che è a un tempo analitico e intimo, riflessivo e passionale, dolce e amarissimo.
Una storia che ci permette di guardare le ferite familiari sotto una luce nuova, e con un obiettivo diverso: Mor non è la storia “delle mie madri” ma “per le mie madri”.

Mor. Storia per le mie madri è uno dei libri più belli che abbia letto quest’anno. Ne avevo parlato qui.

Per questo ho fatto di tutto per avere in libreria Sara Garagnani a parlarne di persona, e per mia immensa fortuna (e vostra, anche se ancora non lo sapete) Sara ha detto sì.

 

Mor è un affresco familiare che si stende attraverso la storia di quattro generazioni di donne, tra Svezia e Italia.

Con il dipanarsi delle vicende, l’autrice racconta come i traumi non elaborati si possano trasmettere di generazione in generazione, di madre in figlia, come un testimone che passa di mano in mano. La violenza psicologica e talvolta fisica si propaga, generando depressione, dipendenze, manie di perfezionismo, ossessioni, ricatti, segreti… anche a distanza di generazioni.
In lingua svedese “mor” significa madre, “mormor” (madre di madre) nonna e così via: è la parola stessa a suggerire una ricorsività.

Sara Garagnani racconta questa ereditarietà ripercorrendo la storia della sua famiglia, dalla nonna Inger alla madre Annette fino a se stessa, in un ciclo di emancipazione e ricaduta tratteggiato con lucidità ma anche con sincero affetto.

Con costante inventiva visiva, puntuale e mai fredda, l’autrice ci regala un racconto che è a un tempo analitico e intimo, riflessivo e passionale, dolce e amarissimo.
Una storia che ci permette di guardare le ferite familiari sotto una luce nuova, e con un obiettivo diverso: Mor non è la storia “delle mie madri” ma “per le mie madri”.

Mor è una dichiarazione di amore e un gesto di riconciliazione, la scelta decisa a interrompere una linea di dolore e violenza, perché «quello che subiamo, e che non elaboriamo, lo infliggeremo, o al limite lo asseconderemo». (dalla postfazione di Maura Gancitano)


Sara Garagnani (1976) vive a Bologna, è illustratrice e art director. Cura progetti di comunicazione, editoriali o di altro genere tra cui libri illustrati, progetti musicali e video di animazione. Ha vinto diversi premi, tra cui nel 2018 il Gold Award dell’associazione Autori di Immagini, e fa parte del collettivo di arte performativa Amigdala. Ha pubblicato diversi albi illustrati e, con la Casa delle Donne contro la violenza di Modena, il graphic novel Via del Gambero 77 su testi di Camilla de Concini. È membro della giuria del New York Independent Film Festival dal 2017.

copertina libro mor
Autrice: Sara Garagnani
Editore: ADD
Pagine: 352
Prezzo: 25,00€

 

“Ogni persona deve fare i conti con una storia che non ha scelto, ma di cui è frutto. Da cui può scegliere di allontanarsi, ma in cui affonda le radici. In un modo o nell’altro dovrà farci i conti, perché sarà comunque parte della sua identità.”

Era stato chiesto a Maura Gancitano di scrivere la prefazione di Mor. Storia per le mie madri, ma lei, con grande saggezza e sensibilità, ha detto di non poterlo fare. Al massimo avrebbe scritto una postfazione.

Ora che l’ho letto capisco perfettamente le sue ragioni. Sono le stesse per cui anch’io non ve ne parlerò, ma vi inviterò a leggerlo ogni volta che ne avrò occasione.

La potenza di questa storia è universale, ancestrale. Apre ferite che avevamo chiuso, o di cui forse ci eravamo dimenticati, per poi ricucirle con nuove consapevolezze e una nuova comprensione.

Non ho ancora capito se questa lettura mi abbia risparmiato un anno di psicoterapia, o se invece ora ne avrò ancora più bisogno.
Finché cerco di venirne a capo, mi crogiolo in quest’uragano emotivo che mi ha sconquassata e riequilibrata allo stesso tempo.

“Chissà se l’amore era una guerra o una tregua.”

EH.

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