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Autrice: Inès Cagnati
Editore: Adelphi
Pagine: 389
Prezzo: 18,00€

Non si può crescere in un paese di paludi, di piogge, di nebbie, di terre livide dove tutto muore, senza rimanerne segnati per sempre: di più, senza assomigliare a quel paesaggio inamabile. Né vivere in una casa fatiscente, sperduta fra boschi, malerbe e acque solitarie, dove anche l’amore è intollerabile violenza, senza desiderare che il mondo intero esploda «in una girandola di sangue».

Nera come una zingara, taciturna come uno strano fiore selvatico, traboccante di rancore e di disprezzo per se stessa, Galla vorrebbe solo andarsene via, lontano dai troppi lutti, dal peso delle innumerevoli sorelle, da un padre abbrutito dal lavoro, dalla madre che ama troppo per sopportarne la dolente presenza. Ma l’unica possibilità di fuga, oltre ai sogni, è la vecchia e fragile bicicletta dal lamento di salamandra morente, e l’unica meta la scuola dov’è interna, a trentacinque chilometri, in città. Un tragitto che separa due vite e due mondi inconciliabili – la pietraia che non dà frutti e le terre miracolate dalla fertilità –, e che un sabato Galla decide di percorrere per rivedere la madre: sarà un giorno di vacanza sinistro e fatale, dove tutto precipiterà, rivelandole il senso di ogni cosa.
Perché il malevolo, straziante paese da cui proveniamo – sembra dirci Inès Cagnati con la sua prosa di insolente intensità – è la carne stessa di cui siamo fatti, e possiamo, se non sbarazzarcene, almeno intravedere nel ricordo le meraviglie di cui era fiorito.

Autrice: Han Kang
Editore: Adelphi
Pagine: 205
Prezzo: 12,00€

Una palestra comunale, decine di cadaveri che saturano l’aria di un «orribile tanfo putrido». Siamo a Gwangju, in Corea del Sud, nel maggio 1980: dopo il colpo di Stato di Chun Doo-hwan, in tutto il paese vige la legge marziale. Quando i militari hanno aperto il fuoco su un corteo di protesta è iniziata l’insurrezione, seguita da brutali rappresaglie; Atti umani è il coro polifonico dei vivi e dei morti di una carneficina mai veramente narrata in Occidente. Conosciamo il quindicenne Dong-ho, alla ricerca di un amico scomparso; Eun-sook, la redattrice che ha assaggiato il «rullo inchiostratore» della censura e i «sette schiaffi» di un interrogatorio; l’anonimo prigioniero che ha avuto la sfortuna di sopravvivere; la giovane operaia calpestata a sangue da un poliziotto in borghese. Dopo il massacro, ancora anni di carcere, sevizie, delazioni, dinieghi; al volgere del millennio stentate aperture, parziali ammissioni, tardive commemorazioni.

Han Kang, con il terso, spietato lirismo della sua scrittura, scruta tante vite dilaniate, racconta oggi l’indicibile, le laceranti dissonanze di un passato che si voleva cancellato.

Carlo Rovelli è una delle menti più brillanti del nostro Paese.

Nell’ultimo capitolo di “Sette brevi lezioni di fisica” fa questa cosa eccezionale che è porre finalmente fine all’eterna rivalità tra materie umanistiche e scientifiche, unendo scienza e poesia, cuore e razionalità. Ma non lo fa forzatamente: rende solo evidente come tutto sia interconnesso, spiega che siamo 𝑑𝑎𝑣𝑣𝑒𝑟𝑜 polvere di stelle, che sapere come funziona il mondo e di cosa siamo fatti non toglie meraviglia all’universo, anzi. La amplifica.

La conoscenza permette di comprendere, evidenzia relazioni, aggiunge profondità, apre porte, indica strade, illumina gli angoli bui.
E questo è fondamentale, perché la nostra libertà dovrebbe basarsi proprio sulla consapevolezza: dobbiamo poter scegliere conoscendo tutto lo spettro delle opzioni possibili, senza essere indirizzati, costretti, indottrinati da chi vuole mostrarci solo una strada, per di più occultando le buche, i cantieri e pure il paesaggio.

Carlo Rovelli predica la conoscenza.

Affare scomodo a quanto pare, perché quello che succede è che doveva rappresentare l’Italia alla Fiera Internazionale del Libro di Francoforte 2024, ma il suo invito è stato ritirato perché avrebbe potuto “causare imbarazzo” (cito testualmente) in seguito alle sue dichiarazioni sul palco del primo maggio, in cui Rovelli ha osato criticare il Ministro della Difesa Crosetto, inneggiando alla pace.

Ricardo Franco Levi, direttore dell’AIE, ha ritenuto meglio evitare possibili polemiche.
Sembra che ora ci abbia ripensato, ma ha comunque giustificato le sue azioni chiamandola “prudenza istituzionale”.

Noi, invece, che le parole le amiamo, le divulghiamo, non le temiamo, e soprattutto ci piace che siano quelle giuste, non la chiamiamo prudenza istituzionale, la chiamiamo censura, e la censura è una pratica fascista.

Quello che possiamo fare nel nostro piccolo è fare in modo che le parole di @carlitorovelli abbiano ancora più risonanza del solito, per cui vi invitiamo ad ascoltarlo, seguirlo, leggerlo, sostenerlo.
Che i suoi libri siano sempre nei vostri scaffali.
Noi oggi li mettiamo in vetrina.

Autrice: Sylvia Townsend Warner
Editore: Adelphi
Pagine: 176
Prezzo: 11,00€

 

Bosco una volta, bosco per sempre

𝑺𝒐𝒏𝒐 𝒖𝒏𝒂 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 𝒅𝒊 𝒒𝒖𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒇𝒐𝒓𝒛𝒂 𝒄𝒉𝒆 𝒅𝒆𝒔𝒊𝒅𝒆𝒓𝒂 𝒆𝒕𝒆𝒓𝒏𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒊𝒍 𝒎𝒂𝒍𝒆 𝒆 𝒐𝒑𝒆𝒓𝒂 𝒆𝒕𝒆𝒓𝒏𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒊𝒍 𝒃𝒆𝒏𝒆.

È così che Goethe ci presenta il Mefistofele del suo aricnoto Faust, nel lontano 1808.
Abbiamo preso una delle citazioni più celebri, ma non è certo l’unica a mostrarci un lato del Diavolo che lo rende più umano, più vicino alle donne e agli uomini di quanto non sia Dio. Un diavolo in ascolto, attento ai nostri desideri più intimi, un diavolo che non giudica.

Nel 1926, dopo Goethe (ma ancor prima di Bulgakov con il suo Maestro e Margherita), è stata una donna, Sylvia Townsend Warner, ad attingere a questo immaginario per descriverci un mondo dell’occulto che riscatta da un’esistenza monotona e noiosa, che viene in aiuto, invece di traviare.

In Lolly Willowes, Lucifero, amoroso cacciatore, insegue e tende i suoi agguati non a delle povere prede indifese, ma agli amanti del crepuscolo, a coloro che quando sentono i suoi sussurri si fermano ad ascoltare rapiti, invece di alzare la voce e affrettare il passo. E così, le donne che cadono tra le sue braccia affettuose diventano streghe: non per fare del male, ma per emanciparsi, “per mostrare il loro disprezzo per chi finge che la vita sia un luogo sicuro, per soddisfare la loro passione per l’avventura”.

Sylvia Townsend Warner, sfidando e precorrendo i suoi tempi, ci porta tra le nuvolose campagne inglesi per raccontare la trasformazione e la presa di coscienza di Laura Willowes, che riuscirà a svincolarsi dalla tradizione, dall’opinione pubblica e dalla famiglia, per ascoltare la sua vocazione e diventare finalmente dinamite pronta ad esplodere.

Tremate tremate, le streghe son tornate.
Non di terrore, però.
Tremate di fervore e di eccitazione.

Autore: Emmanuel Carrère
Editore: Adelphi
Pagine: 267
Prezzo: 20,00€

 

Scandito in tre parti – «Le vittime», «Gli imputati», «La corte» –, V13 raccoglie, rie­laborati e accresciuti, gli articoli (apparsi a cadenza settimanale sui principali quoti­diani europei) in cui Emmanuel Carrère ha riferito le udienze del processo ai compli­ci e all’unico sopravvissuto fra gli autori de­gli attentati terroristici avvenuti a Parigi il 13 novembre 2015 – attentati che, tra il Ba­taclan, lo Stade de France e i bistrot presi di mira, hanno causato centotrenta morti e oltre trecentocinquanta feriti. Ogni mat­tina, per quasi dieci mesi, Carrère si è se­duto nell’enorme «scatola di legno bian­co» fatta costruire appositamente e ha a­scoltato il resoconto di quelle «esperienze estreme di morte e di vita» – le testimo­nianze atroci di chi ha perduto una perso­na cara o è scampato alla carneficina stri­sciando in mezzo ai cadaveri, i silenzi e i balbettii degli imputati, le parole dei ma­gistrati e degli avvocati –, e lo ha racconta­to, come solo lui sa fare, senza mai scivola­re nell’enfasi o nel patetismo, e riuscendo a cogliere non solo l’umanità degli uni e degli altri (sconvolgente, ammirevole o a­bietta che fosse), ma anche, talvolta, la qua­si insostenibile ironia dei discorsi e delle situazioni. Da questo viaggio al termine dell’orrore e della pietà, da questo grovi­glio di ferocia, di fanatismo, di follia e di sofferenza, Carrère sa, fin dal primo gior­no, che uscirà cambiato – così come uscirà cambiato, dalla lettura del suo libro, cia­scuno di noi.

Autore: Carlo Rovelli
Editore: Adelphi
Pagine: 144
Prezzo: 14,00€

Non lo so se l’idea che i buchi neri finiscano la loro lunga vita trasformandosi in buchi bianchi sia giusta. È il fenomeno che ho studiato in questi ultimi anni. Coinvolge la natura quantistica del tempo e dello spazio, la coesistenza di prospettive diverse, e la ragione della differenza fra passato e futuro. Esplorare questa idea è un’avventura ancora in corso. Ve la racconto come in un bollettino dal fronte. Cosa sono esattamente i buchi neri, che pullulano nell’universo. Cosa sono i buchi bianchi, i loro elusivi fratelli minori. E le domande che mi inseguono da sempre: come facciamo a capire quello che non abbiamo mai visto? Perché vogliamo sempre andare a vedere un po’ più in là…? (Carlo Rovelli)

Autrice: Fleur Jaeggy
Editore: Adelphi
Pagine: 107
Prezzo: 11,00€

 

L’irrimediabile giungeva a me in una delle più belle e limpide giornate dell’anno

Nella presentazione di Orny si legge che ama oltremodo gli avverbi. Sempre stato.
E sapete perché? Perché gli avverbi indicano il come, e il come fa sempre la differenza su tutto. Un fatto, senza gli avverbi a corredo che ne possano indicare modalità, tempistiche, intenzioni, è solo un fatto. È l’assolo di Comfortably Numb scritto sul pentagramma senza Gilmour che lo suoni, è una foto in bianco e nero del carnevale di Rio, sono delle lasagne dietro una vetrina.

Fleur Jaeggy è l’avverbio. È il come. Non importa cosa stia raccontando, i fatti sono solo fatti.
Ne I beati anni del castigo (Adelphi, 1989) il fatto è che c’è una ragazza che trascorre buona parte della sua infanzia e adolescenza tra molteplici collegi svizzeri. Due righe.
Quello che ci mette Fleur Jaeggy sono i contorni, i colori, gli avverbi che fanno la differenza, che rendono questo fatto diverso da qualsiasi altro, che distinguono lei da chiunque altro, e che portano a tappezzare un pezzo di cuore con queste pagine.
Quasi inconsciamente e inevitabilmente.

“Ogni mattina mi alzavo alle cinque per andare a passeggiare, salivo in alto e vedevo uno spicchio d’acqua dall’altra parte, giù in fondo. Era il lago di Costanza. Guardavo l’orizzonte, e il lago, ancora non sapevo che anche su quel lago ci sarebbe stato un collegio per me. Mangiavo una mela e camminavo. Cercavo la solitudine e forse l’assoluto. Ma invidiavo il mondo.”

Autrice: Shirley Jackson
Editore: Adelphi
Pagine: 277
Prezzo: 19,00€

 

Quando Shirley Jackson arrivò in ospedale per la nascita del terzo figlio, l’impiegata all’accettazione le chiese quale professione svolgesse. E alla risposta «Scrittrice», replicò imperturbabile: «Io metterei casalinga». Senza volerlo, quell’impiegata aveva toccato un nervo scoperto – e colto nel segno. L’autrice di uno dei più celebri e disturbanti racconti della letteratura americana moderna era anche, come emerge dagli irriverenti aneddoti familiari, un’eccentrica donna di casa e una madre spassosa e piena d’inventiva. Ed è impossibile non riconoscere qualcosa di lei nelle stravaganti Mary Poppins che popolano questa raccolta, accompagnate da gatti parlanti e in grado di confezionare abiti con le coccinelle e i denti di leone del giardino. Quanto al lato più macabro – quello che la spinge ad affrontare tormenti, aberrazioni, crudeltà, a sondare normalità, follia, soprannaturale e sordido, o ancora a rendere sottilmente inquietante la banalità di «un giorno come un altro», appunto –, il lettore non avrà che l’imbarazzo della scelta. Nessuno meglio di Shirley Jackson conosce «il male incontrollato» che si cela sotto la più linda e ordinata delle superfici. E solo lei sa mescolare assurdo, comico e spaventevole – avvelenata mistura –, portandoli alle estreme conseguenze con un’economia del dettato e un’acutezza del dettaglio del tutto inconfondibili.

Autrice: Clarice Lispector
Editore: Adelphi
Pagine: 282
Prezzo: 19,00€

Nella grande casa in cui, magra, scalza, solitaria, la piccola Virgínia si aggira «in concentrata distrazione» i mobili spariscono un po’ alla volta, «venduti, rotti o troppo vecchi», e le porte si aprono su stanze in cui regnano «il vuoto, il silenzio e l’ombra». Abbandonato nella vasta sala da pranzo – dove brillano «vetri e cristalli addormentati nella polvere» – c’è però un lampadario, unico sopravvissuto di antichi fasti: «Il grande ragno avvampava», e Virgí­nia «lo guardava immobile, inquieta, sem­brava presagire una vita tremenda. Quel­l’esistenza di ghiaccio». Ma soprattutto in­sieme a lei c’è Daniel, il fratello di poco più grande, che da quando è nata la consi­dera «solo sua», che la protegge e la tormenta, e con lei condivide straordinari se­greti: dal misterioso cappello che vedono scivolare lungo il fiume – e che immagina­no appartenga a un annegato – alla scato­la piena di ragni velenosi di Daniel, fino alla Società delle Ombre di cui sono gli unici membri. Quando i due, cresciuti, la­sceranno insieme la tenuta di Granja Quie­ta per andare a studiare in città, i loro desti­ni si separeranno. E quando, dopo un’ar­dua educazione sentimentale, Virgínia de­ciderà di tornarci, capirà «che il posto do­ve si è stati felici non è il posto dove si può vivere».

Autore: Michael Pollan
Editore: Adelphi
Pagine: 293
Prezzo: 20,00€

Per tutti noi l’assunzione quotidiana di caffeina coincide nientemeno che con la «condizione normale della coscienza». Eppure, quell’alcaloide naturale è a tutti gli effetti una droga, come rivela l’«esperimento di privazione» cui Michael Pollan si è sottoposto, trovandosi afflitto via via da mal di testa, letargia e «intensa angoscia». Per cercare di rispondere alla domanda cruciale da cui è partito – che cosa sia esattamente una droga –, Pollan intreccia reportage, memoir e saggio scientifico, spaziando attraverso varie discipline e concentrandosi soprattutto su tre molecole psicoattive: oltre alla caffeina, l’oppio, il cui effetto – secondo il poeta vittoriano Robert Bulwer-Lytton – è assimilabile al «sentirsi accarezzare l’anima dalla seta», e la mescalina, la più «sacra», che permise ad Aldous Huxley di vedere il mondo nella sua autentica «bellezza, minuzia, profondità e “quiddità”».

Da questo affascinante percorso emerge ogni aspetto di queste sostanze, e in particolare la loro «natura bifronte»: il loro essere cioè «veleni» e «attrattori» al tempo stesso, in grado da un lato di dissuadere gli animali dal mangiare le piante che le producono, dall’altro di spingerli a utilizzarle accrescendo così la loro espansione ecologica: la caffeina contenuta nel nettare di certe piante, per esempio, rende le api impollinatrici «più affidabili, efficienti e industriose». Un’ambiguità che contraddistingue anche il millenario rapporto con le «droghe» degli esseri umani – e spiega come mai, sul piano evolutivo e culturale, «quella che era iniziata come una guerra» nei loro confronti si sia «trasformata in un matrimonio».