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Autore: Joan Aiken
Illustratore: Pat Marriott
Editore: Adelphi
Pagine: 191
Prezzo: 20,00€

Tra gli innumerevoli mondi imma­ginari creati da Joan Aiken, c’è un’In­ghilterra dove la Gloriosa rivolu­zione non è mai avvenuta. Un’In­ghilterra infestata dai lupi, giunti oltremanica dalle gelide piane del­l’Europa e della Russia attraverso il tunnel sottomarino che unisce Do­ver a Calais e che è stato inaugura­to intorno al 1830, durante il regno di Giacomo III. Qui, nella sontuosa dimora di Willoughby Chase, una bambina di nome Bonnie Green – riccioli neri e carattere indomito – attende con impazienza l’arrivo del­l’angelica e delicata cugina Sylvia. Sir Willoughby e Lady Sophia sono in partenza per un lungo viaggio e le bambine verranno affidate alle cure di Miss Slighcarp, un’arcigna governante mossa da intenti non proprio limpidi. Osteggiate da te­mibili antagonisti, forti solo dell’af­fetto che le unisce e delle inaspettate risorse di coraggio e intraprendenza che sapranno trovare in sé, Bonnie e Sylvia dovranno affrontare un’incre­dibile serie di prove insidiose prima di sventare brillantemente un diabolico piano ordito ai danni della loro famiglia.

Autrice: Katherine Mansfield
Editore: Adelphi
Pagine: 889
Prezzo: 18,00€

Tutti i racconti

«Leggere, o rileggere dopo molti anni e molti libri, questi racconti, dà una sensazione di letizia dolorosa, la felicità severa di incontrare qualcuno che scriveva avendo in mente una sorta di perfezione, una scrittura elusiva ed impossibile, una letteratura esigente, rigorosa, spietata; e con quella idea della letteratura scriveva pagine di una lievità, una illusionistica inconsistenza, tra essere, alludere, cessare di essere; pagine che non vogliono voce per essere lette, ma non più di un sussurro interiore, una parlata di ombre, un chiacchierio di pure immagini che hanno rinunciato al corpo, ma non a quella lancinante illusione che è l’esistere, il consistere in una instabile e rapinosa corrente di oggetti, cose, calore, acqua, fiori, ricordi, errori, amori e disamori». (Giorgio Manganelli)

Autore: Benjamin Labatut
Editore: Adelphi
Pagine: 395
Prezzo: 20,00€

Quando alla fine della seconda guerra mondia­le John von Neumann concepisce il MANIAC – un calcolatore universale che doveva, nel­le intenzioni del suo creatore, «afferrare la scienza alla gola scatenando un potere di cal­colo illimitato» –, sono in pochi a rendersi conto che il mondo sta per cambiare per sem­pre. Perché quel congegno rivoluzionario – parto di una mente ordinatrice a un tempo cinica e visionaria, infantile e «inesorabil­mente logica» – non solo schiude dinanzi al genere umano le sterminate praterie dell’in­formatica e dell’intelligenza artificiale, ma lo conduce sull’orlo dell’estinzione, liberan­do i fantasmi della guerra termonucleare.

Che «nell’anima della fisica» si fosse annidato un demone lo aveva del resto già intuito Paul Eh­renfest, sin dalla scoperta della realtà quan­tistica e delle nuove leggi che governavano l’a­tomo, prima di darsi tragicamente la morte. Sono sogni grandiosi e insieme incubi tre­mendi, quelli scaturiti dal genio di von Neu­mann, dentro i quali Labatut ci sprofonda, lasciando la parola a un coro di voci: delle grandi menti matematiche del tempo, ma anche di familiari e amici che furono testi­moni della sua inarrestabile ascesa. Ci ritro­veremo a Los Alamos, nel quartier generale di Oppenheimer, fra i «marziani unghere­si» che costruirono la prima bomba atomi­ca; e ancora a Princeton, nelle stanze dove vennero gettate le basi delle tecnologie digi­tali che oggi plasmano la nostra vita. Infine, assisteremo ipnotizzati alla sconfitta del cam­pione mondiale di go, Lee Sedol, che soc­combe di fronte allo strapotere della nuova divinità di Google, AlphaGo. Una divinità ancora ibrida e capricciosa, che sbaglia, de­lira, agisce per pura ispirazione – a cui altre seguiranno, sempre più potenti, sempre più terrificanti.

Con questo nuovo libro, che prosegue ideal­mente Quando abbiamo smesso di capire il mon­do, Labatut si conferma uno straordinario tessitore di storie, capace di trascinare il letto­re nei labirinti della scienza moderna, la­sciandogli intravedere l’oscurità che la nutre.

Autrice: Inès Cagnati
Editore: Adelphi
Pagine: 389
Prezzo: 18,00€

Non si può crescere in un paese di paludi, di piogge, di nebbie, di terre livide dove tutto muore, senza rimanerne segnati per sempre: di più, senza assomigliare a quel paesaggio inamabile. Né vivere in una casa fatiscente, sperduta fra boschi, malerbe e acque solitarie, dove anche l’amore è intollerabile violenza, senza desiderare che il mondo intero esploda «in una girandola di sangue».

Nera come una zingara, taciturna come uno strano fiore selvatico, traboccante di rancore e di disprezzo per se stessa, Galla vorrebbe solo andarsene via, lontano dai troppi lutti, dal peso delle innumerevoli sorelle, da un padre abbrutito dal lavoro, dalla madre che ama troppo per sopportarne la dolente presenza. Ma l’unica possibilità di fuga, oltre ai sogni, è la vecchia e fragile bicicletta dal lamento di salamandra morente, e l’unica meta la scuola dov’è interna, a trentacinque chilometri, in città. Un tragitto che separa due vite e due mondi inconciliabili – la pietraia che non dà frutti e le terre miracolate dalla fertilità –, e che un sabato Galla decide di percorrere per rivedere la madre: sarà un giorno di vacanza sinistro e fatale, dove tutto precipiterà, rivelandole il senso di ogni cosa.
Perché il malevolo, straziante paese da cui proveniamo – sembra dirci Inès Cagnati con la sua prosa di insolente intensità – è la carne stessa di cui siamo fatti, e possiamo, se non sbarazzarcene, almeno intravedere nel ricordo le meraviglie di cui era fiorito.

Autrice: Han Kang
Editore: Adelphi
Pagine: 205
Prezzo: 12,00€

Una palestra comunale, decine di cadaveri che saturano l’aria di un «orribile tanfo putrido». Siamo a Gwangju, in Corea del Sud, nel maggio 1980: dopo il colpo di Stato di Chun Doo-hwan, in tutto il paese vige la legge marziale. Quando i militari hanno aperto il fuoco su un corteo di protesta è iniziata l’insurrezione, seguita da brutali rappresaglie; Atti umani è il coro polifonico dei vivi e dei morti di una carneficina mai veramente narrata in Occidente. Conosciamo il quindicenne Dong-ho, alla ricerca di un amico scomparso; Eun-sook, la redattrice che ha assaggiato il «rullo inchiostratore» della censura e i «sette schiaffi» di un interrogatorio; l’anonimo prigioniero che ha avuto la sfortuna di sopravvivere; la giovane operaia calpestata a sangue da un poliziotto in borghese. Dopo il massacro, ancora anni di carcere, sevizie, delazioni, dinieghi; al volgere del millennio stentate aperture, parziali ammissioni, tardive commemorazioni.

Han Kang, con il terso, spietato lirismo della sua scrittura, scruta tante vite dilaniate, racconta oggi l’indicibile, le laceranti dissonanze di un passato che si voleva cancellato.

Carlo Rovelli è una delle menti più brillanti del nostro Paese.

Nell’ultimo capitolo di “Sette brevi lezioni di fisica” fa questa cosa eccezionale che è porre finalmente fine all’eterna rivalità tra materie umanistiche e scientifiche, unendo scienza e poesia, cuore e razionalità. Ma non lo fa forzatamente: rende solo evidente come tutto sia interconnesso, spiega che siamo 𝑑𝑎𝑣𝑣𝑒𝑟𝑜 polvere di stelle, che sapere come funziona il mondo e di cosa siamo fatti non toglie meraviglia all’universo, anzi. La amplifica.

La conoscenza permette di comprendere, evidenzia relazioni, aggiunge profondità, apre porte, indica strade, illumina gli angoli bui.
E questo è fondamentale, perché la nostra libertà dovrebbe basarsi proprio sulla consapevolezza: dobbiamo poter scegliere conoscendo tutto lo spettro delle opzioni possibili, senza essere indirizzati, costretti, indottrinati da chi vuole mostrarci solo una strada, per di più occultando le buche, i cantieri e pure il paesaggio.

Carlo Rovelli predica la conoscenza.

Affare scomodo a quanto pare, perché quello che succede è che doveva rappresentare l’Italia alla Fiera Internazionale del Libro di Francoforte 2024, ma il suo invito è stato ritirato perché avrebbe potuto “causare imbarazzo” (cito testualmente) in seguito alle sue dichiarazioni sul palco del primo maggio, in cui Rovelli ha osato criticare il Ministro della Difesa Crosetto, inneggiando alla pace.

Ricardo Franco Levi, direttore dell’AIE, ha ritenuto meglio evitare possibili polemiche.
Sembra che ora ci abbia ripensato, ma ha comunque giustificato le sue azioni chiamandola “prudenza istituzionale”.

Noi, invece, che le parole le amiamo, le divulghiamo, non le temiamo, e soprattutto ci piace che siano quelle giuste, non la chiamiamo prudenza istituzionale, la chiamiamo censura, e la censura è una pratica fascista.

Quello che possiamo fare nel nostro piccolo è fare in modo che le parole di @carlitorovelli abbiano ancora più risonanza del solito, per cui vi invitiamo ad ascoltarlo, seguirlo, leggerlo, sostenerlo.
Che i suoi libri siano sempre nei vostri scaffali.
Noi oggi li mettiamo in vetrina.

Autrice: Sylvia Townsend Warner
Editore: Adelphi
Pagine: 176
Prezzo: 11,00€

 

Bosco una volta, bosco per sempre

𝑺𝒐𝒏𝒐 𝒖𝒏𝒂 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 𝒅𝒊 𝒒𝒖𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒇𝒐𝒓𝒛𝒂 𝒄𝒉𝒆 𝒅𝒆𝒔𝒊𝒅𝒆𝒓𝒂 𝒆𝒕𝒆𝒓𝒏𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒊𝒍 𝒎𝒂𝒍𝒆 𝒆 𝒐𝒑𝒆𝒓𝒂 𝒆𝒕𝒆𝒓𝒏𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒊𝒍 𝒃𝒆𝒏𝒆.

È così che Goethe ci presenta il Mefistofele del suo aricnoto Faust, nel lontano 1808.
Abbiamo preso una delle citazioni più celebri, ma non è certo l’unica a mostrarci un lato del Diavolo che lo rende più umano, più vicino alle donne e agli uomini di quanto non sia Dio. Un diavolo in ascolto, attento ai nostri desideri più intimi, un diavolo che non giudica.

Nel 1926, dopo Goethe (ma ancor prima di Bulgakov con il suo Maestro e Margherita), è stata una donna, Sylvia Townsend Warner, ad attingere a questo immaginario per descriverci un mondo dell’occulto che riscatta da un’esistenza monotona e noiosa, che viene in aiuto, invece di traviare.

In Lolly Willowes, Lucifero, amoroso cacciatore, insegue e tende i suoi agguati non a delle povere prede indifese, ma agli amanti del crepuscolo, a coloro che quando sentono i suoi sussurri si fermano ad ascoltare rapiti, invece di alzare la voce e affrettare il passo. E così, le donne che cadono tra le sue braccia affettuose diventano streghe: non per fare del male, ma per emanciparsi, “per mostrare il loro disprezzo per chi finge che la vita sia un luogo sicuro, per soddisfare la loro passione per l’avventura”.

Sylvia Townsend Warner, sfidando e precorrendo i suoi tempi, ci porta tra le nuvolose campagne inglesi per raccontare la trasformazione e la presa di coscienza di Laura Willowes, che riuscirà a svincolarsi dalla tradizione, dall’opinione pubblica e dalla famiglia, per ascoltare la sua vocazione e diventare finalmente dinamite pronta ad esplodere.

Tremate tremate, le streghe son tornate.
Non di terrore, però.
Tremate di fervore e di eccitazione.

Autore: Emmanuel Carrère
Editore: Adelphi
Pagine: 267
Prezzo: 20,00€

 

Scandito in tre parti – «Le vittime», «Gli imputati», «La corte» –, V13 raccoglie, rie­laborati e accresciuti, gli articoli (apparsi a cadenza settimanale sui principali quoti­diani europei) in cui Emmanuel Carrère ha riferito le udienze del processo ai compli­ci e all’unico sopravvissuto fra gli autori de­gli attentati terroristici avvenuti a Parigi il 13 novembre 2015 – attentati che, tra il Ba­taclan, lo Stade de France e i bistrot presi di mira, hanno causato centotrenta morti e oltre trecentocinquanta feriti. Ogni mat­tina, per quasi dieci mesi, Carrère si è se­duto nell’enorme «scatola di legno bian­co» fatta costruire appositamente e ha a­scoltato il resoconto di quelle «esperienze estreme di morte e di vita» – le testimo­nianze atroci di chi ha perduto una perso­na cara o è scampato alla carneficina stri­sciando in mezzo ai cadaveri, i silenzi e i balbettii degli imputati, le parole dei ma­gistrati e degli avvocati –, e lo ha racconta­to, come solo lui sa fare, senza mai scivola­re nell’enfasi o nel patetismo, e riuscendo a cogliere non solo l’umanità degli uni e degli altri (sconvolgente, ammirevole o a­bietta che fosse), ma anche, talvolta, la qua­si insostenibile ironia dei discorsi e delle situazioni. Da questo viaggio al termine dell’orrore e della pietà, da questo grovi­glio di ferocia, di fanatismo, di follia e di sofferenza, Carrère sa, fin dal primo gior­no, che uscirà cambiato – così come uscirà cambiato, dalla lettura del suo libro, cia­scuno di noi.

Autore: Carlo Rovelli
Editore: Adelphi
Pagine: 144
Prezzo: 14,00€

Non lo so se l’idea che i buchi neri finiscano la loro lunga vita trasformandosi in buchi bianchi sia giusta. È il fenomeno che ho studiato in questi ultimi anni. Coinvolge la natura quantistica del tempo e dello spazio, la coesistenza di prospettive diverse, e la ragione della differenza fra passato e futuro. Esplorare questa idea è un’avventura ancora in corso. Ve la racconto come in un bollettino dal fronte. Cosa sono esattamente i buchi neri, che pullulano nell’universo. Cosa sono i buchi bianchi, i loro elusivi fratelli minori. E le domande che mi inseguono da sempre: come facciamo a capire quello che non abbiamo mai visto? Perché vogliamo sempre andare a vedere un po’ più in là…? (Carlo Rovelli)

Autrice: Fleur Jaeggy
Editore: Adelphi
Pagine: 107
Prezzo: 11,00€

 

L’irrimediabile giungeva a me in una delle più belle e limpide giornate dell’anno

Nella presentazione di Orny si legge che ama oltremodo gli avverbi. Sempre stato.
E sapete perché? Perché gli avverbi indicano il come, e il come fa sempre la differenza su tutto. Un fatto, senza gli avverbi a corredo che ne possano indicare modalità, tempistiche, intenzioni, è solo un fatto. È l’assolo di Comfortably Numb scritto sul pentagramma senza Gilmour che lo suoni, è una foto in bianco e nero del carnevale di Rio, sono delle lasagne dietro una vetrina.

Fleur Jaeggy è l’avverbio. È il come. Non importa cosa stia raccontando, i fatti sono solo fatti.
Ne I beati anni del castigo (Adelphi, 1989) il fatto è che c’è una ragazza che trascorre buona parte della sua infanzia e adolescenza tra molteplici collegi svizzeri. Due righe.
Quello che ci mette Fleur Jaeggy sono i contorni, i colori, gli avverbi che fanno la differenza, che rendono questo fatto diverso da qualsiasi altro, che distinguono lei da chiunque altro, e che portano a tappezzare un pezzo di cuore con queste pagine.
Quasi inconsciamente e inevitabilmente.

“Ogni mattina mi alzavo alle cinque per andare a passeggiare, salivo in alto e vedevo uno spicchio d’acqua dall’altra parte, giù in fondo. Era il lago di Costanza. Guardavo l’orizzonte, e il lago, ancora non sapevo che anche su quel lago ci sarebbe stato un collegio per me. Mangiavo una mela e camminavo. Cercavo la solitudine e forse l’assoluto. Ma invidiavo il mondo.”