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aa.vv.
Editore: Bompiani
Pagine: 288
Prezzo: 25,00€

Visioni, struggimenti, terrori, porte aperte sull’ignoto. Venti scrittori contemporanei per un’ inquietante mappa dei nostri sogni, delle nostre paure e delle nostre ossessioni . Un’ antologia del new weird italiano, un viaggio oscuro agli estremi confini della letteratura.

Con testi di Andrea Zandomeneghi, Dario Valentini, Vanni Santoni, Luca Ricci, Edoardo Rialti, Roberto Recchioni, Laura Pugno, Andrea Morstabilini, Elena Giorgiana Mirabelli, Gabriele Merlini, Francesca Matteoni, Gregorio Magini, Loredana Lipperini, Claudio Kulesko, Luciano Funetta, Carla Fronteddu, Francesco D’Isa, Viola Di Grado, Giovanni Ceccanti, Andrea Cassini.

Autrice: Olga Tokarczuk
Editore: Bompiani
Pagine: 272
Prezzo: 18,00€

 

Potrei vivere in un crepuscolo eterno

Immaginate un villaggio rurale, al confine tra Polonia e Repubblica ceca, un luogo in cui l’inverno dura sei mesi e il gelo ci ricorda tutti i giorni quanto il mondo sia ostile.
In questo clima avverso inserite uomini torvi e schivi, il cui passare dei giorni è scandito dalla caccia e dalla partecipazione a qualche festività religiosa.
Aggiungete ora un elemento contrastante: Janina, un’eccentrica settantenne che vive da sola ai margini di un bosco, ingegnera in pensione e insegnante d’inglese, traduttrice delle poesie di W. Blake, appassionata astrologa.

Ecco, in questo scenario dominato da notti lunghissime e da una neve così copiosa da ovattare persino il pensiero, vengono trovati, senza apparente spiegazione, i cadaveri di alcuni cacciatori.
Janina inizia ad interessarsi alle indagini, convinta che a commettere gi omicidi (no spoiler) siano gli Animali che, come per castigo, vogliono vendicarsi degli Uomini.
Ma le morti misteriose e le indagini sono solo una parte dell’intreccio.
Attraverso la voce e la narrazione di Janina è come se ci mettessimo i suoi occhiali di bizzarra settantenne per osservare la realtà. Ma già, che lenti usa Janina?
Una è l’astrologia: analizza le carte astrali come mappe geografiche, rintraccia gli influssi dei pianeti, delinea personalità e persino la possibile data di morte delle persone. Il tutto per avere, quantomeno, un’idea di cosa aspettarsi dal caos della vita.
L’altra lente, invece, è la letteratura. Se il mondo è incomprensibile, attraverso la traduzione della poesia Janina riesce a scovare qualcos’altro: collega elementi che apparentemente sono slegati, guarda le frasi da un lato diverso rispetto a quello iniziale, abbandona legami inutili e, dopo tanti tormenti, riesce a trovare qualcosa di completamente nuovo e bellissimo.

Ed è proprio quello che fa Tokarczuk con la sua storia: in mezzo alla selva dell’indecifrabile traccia un sentiero nuovo, non calpestato, in cui muoversi come in un paesaggio magico, come in una fiaba dei fratelli Grimm.
Ma mi raccomando, non fate come Hansel e Gretel: non sbriciolate pezzetti di pane per ritrovare la via di casa, perché a casa non ci vorrete più tornare.

Autore: László Krasznahorkai
Editore: Bompiani
Pagine: 496
Prezzo: 25,00€

Kana sembra una delle tante cittadine dimenticate della Turingia, e proprio la sua remota desolazione ha attratto un manipolo di neonazisti. Gli abitanti li guardano con timore e sospetto. Solo Florian Herscht è convinto di avere amici da entrambe le parti. È un uomo robusto, gentile, chiaroveggente in virtù della sua innocenza, che crede devotamente in Bach, ha paura dei tatuaggi, è convinto che l’universo sia condannato a perdersi nel nulla e per informare tutti della catastrofe scrive lettere in modo ossessivo, persino ad Angela Merkel, che non gli risponde mai. All’improvviso al limitare della foresta arrivano i lupi: la fine del mondo si avvicina.

Modulando l’umorismo malinconico che è un tratto inconfondibile della sua straordinaria scrittura, László Krasznahorkai spiazza ancora una volta i lettori con un romanzo di terribile attualità, che parla di una piccola città ma ha il respiro universale della grande letteratura.

Autore: John Steinbeck
Editore: Bompiani
Pagine: 660
Prezzo: 14,00€

 

In caso di bisogno rivolgersi solo alla povera gente, mai ai ricchi

Da bambina ho avuto una gran fortuna. Sono stata un po’ sballottata in giro per il mondo, ma sono quasi sempre cresciuta in campagna.
Uno dei posti in cui ho trascorso più tempo, sfondo di alcuni dei miei ricordi più felici, è la casa dei miei zii: avevano un orto grande tre volte la casa, la stalla con le mucche e il maiale, le galline, qualche vigna, e campi di granturco a perdita d’occhio. Avevo quattro anni quando mi arrampicavo sul trattore o sul rimorchio dello zio, aiutavo la zia a sgranare i piselli, accompagnavo i grandi a far la vendemmia mangiando la metà dei grappoli che mettevo nel secchio.
Quant’era buono il cibo che stava a sera su quella tavola manco ve lo racconto.

Me lo ricordo bene quel rapporto con la terra, così tangibile, concreta, e ringrazio Steinbeck per averlo reso di nuovo così vivido, per questa morsa al cuore.

Protagonista di Furore è la famiglia Joad, una famiglia di contadini dell’Oklahoma costretta ad emigrare verso ovest, lungo la vecchia Route 66, perché l’industrializzazione agricola degli anni ’30 ha spodestato i coloni dando tutto in mano ai grandi proprietari terrieri, alle banche, alle macchine.

Ma protagonista di Furore è soprattutto la terra. La terra che coltiviamo, che calpestiamo, che ci lasciamo alle spalle perché cacciati o costretti a cercare altre terre da coltivare, calpestare, da chiamare ‘casa’. Una terra che in ogni parte del mondo, in ogni epoca, ha visto passare, fermarsi e ripartire migranti e nomadi, che si sono prima sentiti maltrattati, insultati, indesiderati, per poi diventare abitanti, nativi, e infine padroni, in seguito nuovamente cacciati da nuovi padroni, nuove dinamiche, nuovi sistemi.

Leggere Furore di Steinbeck adesso, insegna che il mondo è cambiato ben poco, e che l’unica cosa che può salvarci è ricordare che “due uomini insieme sono sempre meno perplessi di un individuo solo”. Che la differenza sta, e starà sempre, nella transizione da “io” a “noi”.

copertina melancolia della resistenza
Autore: László Krasznahorkai
Editore: Bompiani
Pagine: 352
Prezzo: 20,00€

 

Scorre ma non passa.

Siete in cerca di un’appassionante lettura che coniughi avventura e frivolezza? Una saga familiare, un libro divertente, capace di farvi sorridere ma anche commuovere?
Ecco. Qui non trovate nulla di tutto ciò.
Qui abbiamo male, sofferenza, disillusone e catastrofi avvolte nel grigio tendente al grigio.
In compenso però abbiamo: un titolo e una copertina bellissimi, un cognome difficilissimo da pronunciare e un capolavoro visionario della letteratura contemporanea ungherese con un finale che non ho remore a definire universale, forse IL FINALE in capslock.

Melancolia della resistenza (l’avevo detto che era un titolo bellissimo) di László Krasznahorkai (e questo è il cognome dall’infame pronuncia) vi trasporta (nel senso che lo fa letteralmente, con un travagliato viaggio in treno) in una cittadina ungherese di un tempo indefinito, durante un inverno che ammazzerebbe pure gli eschimesi.
Con prosa cinematografica, Krasznahorkai (ripetiamolo spesso così lo impariamo meglio) ci racconta una storia inserendoci di volta in volta in un personaggio diverso, senza dichiararlo né anticiparlo.

Mi spiego meglio: avete presente in Ghost, quando il fantasma di Patrick Swayze entra in Whoopi Goldberg? O anche in Casper, se il riferimento vi aggrada di più. Ecco, qui avviene qualcosa di molto simile. Con quello che mi piace pensare sia un onomatopeico *flup* ci spostiamo da un personaggio all’altro pur leggendo in terza persona, accompagnandolo di volta in volta lungo un pezzo di strada, seguendone i pensieri, le turbe, i movimenti.

 

Ogni tanto, quando cammino tra la folla e mi soffermo su qualcuno, mi assale per un secondo, cristallina, la consapevolezza che il mio centro del mondo non sia universale. Così come gli altri per me sono solo comparse, io lo sono per gli altri. Cos’ha pensato a sua volta lui o lei quando mi ha vista? Mi ha vista? A cosa starà pensando, cosa vede, com’è il suo centro del mondo?

In questo libro possiamo fare proprio questo, cambiare mente e punto di vista, mentre camminiamo su marciapiedi di rifiuti, tocchiamo balene imbalsamate e sovvertiamo il dis-ordine costituito.

 

Film da vedere (a seguire): Le armonie di Werckmeister di Béla Tarr (Ungheria, Italia, Germania, Francia; 2000)

 

In città è arrivato il circo. Nulla di strano, se non fosse che il circo ospita una balena imbalsamata, la più grande del mondo, e che la città è sperduta nella campagna ungherese, un non luogo dominato da incertezza e declino. Tutti sono in attesa che accada qualcosa e sarà proprio il circo a far esplodere il cambiamento. […] Un romanzo sulle possibilità della rivoluzione che scorre nella prosa bruciante e visionaria di Lászlà Krasznahorkai.